L’espressione “nativo digitale” è spesso utilizzata in televisione o sulle riviste ed è da sempre oggetto di molte critiche.
Il termine è stato coniato da Mark Prensky nel suo articolo “Digital Natives, Digital Immigrants” del 2001 e identificava inizialmente una persona cresciuta con le tecnologie digitali. Nel tempo, però, ha subito diverse modificazioni.
Nell’immaginario collettivo attuale il “nativo digitale” è ancora un bambino e/o un adolescente che utilizza la tecnologia fin dai primi anni di età. Quest’immagine dà una visione errata della realtà attuale e non consente a molte aziende di considerare un nuovo stile di vita alla base delle scelte dei loro clienti.
«Chi sono i nativi digitali?»
Abbiamo rivolto questa domanda durante i nostri seminari “Uso strategico delle informazioni in azienda e nuovi modelli di business” e “E-commerce: sviluppare il tuo business online e uscire dalla crisi”, agli imprenditori partecipanti.
Abbiamo posto questo interrogativo con il timore che si associassero i nativi digitali ai “ragazzini” e, di conseguenza, gli imprenditori non li prendessero in considerazione come possibili clienti e che non sviluppassero nessuna strategia aziendale nei loro confronti perché non appartenenti al loro target.
Non ci sbagliavamo. Quasi tutti hanno risposto che i nativi digitali sono ragazzini in età preadolescenziale.
Il nostro timore è quindi stato confermato: vi è realmente una sbagliata percezione dell’età anagrafica del “nativo digitale”. Ciò spiega il perché i presenti non riuscissero a comprendere appieno il valore delle nuove forme di business, oggetto dei seminari.
Quanti anni hanno i nativi digitali?
Per capire quanti anni hanno i nativi digitali, bisogna fissare un punto d’inizio, di non ritorno, un momento dal quale si diventa digitali. In Italia questo momento si può individuare verso la fine dell’anno 2000 – anno in cui la connessione diventa a banda larga e always on. E’ da quel momento che il modo di fruire la tecnologia e le informazioni cambia radicalmente; da quel momento è possibile raggiungere chiunque ed essere raggiunto in qualunque momento con un collegamento telematico.
Chiunque nasca dagli anni 2000 in poi vive in simbiosi con le nuove tecnologie: i millennials conducono in pieno uno stile di vita digitale. È cambiato il loro modo di apprendere, conoscere e comunicare. È cambiato anche il loro approccio alla realtà: per i nativi il “virtuale” è realtà tanto quanto quella che si esperisce con i sensi.
Sono nativi digitali anche coloro che nel 2000 erano già in grado di iniziare ad utilizzare queste tecnologie. Sono tutte quelle persone che avevano il tempo per usare la tecnologia come intrattenimento sia che si trattasse di giocare con una consolle sia di smanettare con i personal computer, sempre più diffusi nelle case degli italiani. In pratica tutti i ragazzi di età compresa tra i 9 e i 18 anni.
Oggi, nel 2018, possiamo considerare “nativi digitali” anche gli under 36. Ai nativi digitali, si possono aggiungere gli immigrati digitali – ossia chi oggi ha 45 anni o poco più.
E quindi: i nativi digitali appartengono o no al nostro target di vendita?
Risulta evidente che i “nativi digitali” sono tutt’altro che ragazzini e che gli italiani caratterizzati da uno “stile di vita digitale” sono molti di più di quelli che ci si aspetta. Inoltre, considerando che la fascia di età 0-50 è più del 50% della popolazione italiana, essi rappresentano bene il nostro target attuale e futuro.
Questo ci riporta alla considerazione iniziale: i nativi digitali sono o non sono attori attivi della nostra economia? Certo che sì!
Noi aziende siamo in dovere di adottare strategie produttive, di comunicazione e marketing adeguate al nostro target altrimenti saremo destinati all’oblio commerciale e alla conseguente chiusura.
Con il trascorrere del tempo i nativi digitali aumenteranno di numero fino a sostituire l’intera popolazione e se non saremo stati in grado di comunicare con loro attraverso canali adeguati avremo inutilmente condannato la nostra azienda.